venerdì 30 dicembre 2011

Martino e il folletto Gedeone


Questa è una storia come tante, di quelle che capitano a tutti i bambini. 
E’ la storia speciale di un’amicizia tra un bambino e un folletto di Babbo Natale. Come?
Nessuno di voi bambini conosce un folletto di Babbo Natale? Allora questa storia la dovete proprio ascoptare. Mettetevi comodi, seduti sulla vostra poltrona preferita che la storia sta per cominciare.

In una notte senza stelle e senza luna, sotto un albero senza luci, un folletto senza casa, piangeva.
«Perchè piangi?» gli chiese una vocina leggera leggera.
«Perchè ho perso la strada di casa.» rispose sconsolato il piccolo folletto «Ogni volta che un bambino cresce e non crede più nella magia, una stella si spegne e la strada verso casa diventa più difficile da seguire. Io vorrei tornare a casa dagli altri folletti, ma non ci sono stelle e mi sono perso. Tu chi sei? E come hai fatto a trovarmi?»
Già a chi apparteneva quella vocina? Era di  un bambino, che chiameremo Martino, perchè la storia è vera, ma i veri nomi si sono persi nel tempo della memoria. Il folletto invece si chiama Gedeone, è un folletto di Babbo Natale.
«Io sono Martino, voglio mettere tante luci sopra questo albero. Così Babbo Natale mi trova e può esaudire il mio desiderio» disse il bambino «Vedi? Ho anche scritto la letterina» Gedeone si rattristò. Sarebbe stato compito suo consegnare le letterine a Babbo Natale. Ma aveva persol la strada, sarebbero restati li sia lui che la letterina.

Voleva essere sincero con il suo nuovo amico ma quando Martino mostrò pieno di orgoglio la sua letterina per Babbo Natale tutta stropicciata, e piena di disegni colorati perse il coraggio. Sorridendo disse: «E’ una lettera bellissima! Sicuramente Babbo Natale esaudirà i tuoi desideri.»
Martino era davvero felic e, quell’anno il desiderio che aveva espresso era proprio importante.
«Vuoi aiutarmi a decorare l’albero? Insieme lo faremo molto più bello.» Dicendo così Martino mostrò il carrettino che stava portando con sè. Era pieno di carta colorata, nastri, candele e campanelle. Martino aveva passato quasi tutto l’anno a raccogliere i tesori più belli per decorare il suo albero di Natale.
Ilbambino e il folletto iniziarono a ritagliare palline di carta colorata. Alcune, fatte con la carta luccicosa del regali di Natale dell’anno prima erano proprio splendenti  «Queste le mettiamo  in alto» propose il folletto Gedeone, «vicino alle candele così la loro luce attirerà sicuramente l’attenzione di Babbo Natale e delle sue renne.
Erano tanto assorbiti nel loro lavoro che Gedeone si era dimenticato di essere triste. Ormai non sentiva quasi più lanostalgia di casa. Aveva trovato un nuovo amico speciale. E le ore passate a lavorare con lui gli fecero dimenticare tutta la sua malinconia.
I nastri dorati scintillavano riflettendo la luce pallida della neve. Le campanelle mosse da una brezza leggera tintinnavano, infondendo nel cuore di entrambi tanta gioia.
In quella notte speciale di amicizia e desideri, le stelle ripresero piano piano a risplendere. Mancava poco all’alba quando  esausti si sedettero sulla neve ad ammirare il loro albero di Natale tutto splendente. Fu in quel momento che i accorsero che le stelle erano tornate.

Le guardarono un attimo in silenzio. Per loro era il momento di separarsi, Gedeone aveva ritrovato la strada di casa.
«Mi mancherai» disse Martino abbracciando il suo nuovo amico.
«Mi mancherai anche tu» disse Il folletto. Le lacrime stavano per tornare, ma questa volta erano lacrime di gioia. Grazie a Martino aveva ritrovato la strada di casa, e un nuovo indimenticabile amico.
Stava per partire, poi ricordandosi di una cosa importante «Dammi la tua lettera, la porto io a Babbo Natale» «Grazie ma non serve più. Il mio desiderio è stato già esaudito.»rispose Martino con un sorriso.
Con il carrettino in una mano, si girò e si aviò verso casa. Il suo cuore era gonfio di gioia per la bella avventura.
Per tanti tanti anni Martino e Gedeone si sono incontrati sotto l’albero. Martino con il suo carrettino e la sua lettera stropicciata in mano. Hanno riso e si sono divertiti al appendere palline di carta colorata sui rami sempre più alti dell’abete che li ha fatti incontrare.
Ma Martino piano piano è cresciuto, e si è dimenticato del suo amco folletto, del carrettino e delle palline di carta colorata. Ora Martino hauna famiglia è un papà e gli alberi di Natale li prepara con i suoi figli...

Un momento... ora che mi ci fai pensare... non è che Martino è proprio il tuo Papà? No, non chiederglielo non servirebbe, a volte gli adulti si dimenticano le cose più importanti.


Ma la prossima volta che camminerai in un campo in mezzo alla neve, prova a fermarti e a osservare attentamente, forse poco distante, potrai scorgere il cappello verde di Gedeone, che anno dopo anno torna sempre a trovare il suo più caro amico.


Scaricate anche il libretto della favola!

lunedì 12 dicembre 2011

La nostra storia sul Calendario dell'Avvento

Dlin dlon, comunicazione di servizio.

Qualche tempo fa mi arrivò per mail una comunicazione: ci sarebbe bisogno di scrittori e illustratori "in erba" (non ridete, noi siamo ancora in erba nonostante l'età, è una condizione mentale :-D) per un progetto della Piccolini.

Io rimango fulminata e scrivo alla socia. "oh come sarebbe bellooooo" Ahhhhh, sospirone, e poi... morta lì. Perché io sono bravissima a desiderare, ma poi mi perdo in un bicchiere d'acqua.

Poi una mattina arriva la sveglia.
Una mail da Stefy, "ehm c'è chi sta aspettando di vedere i tuoi disegni"
Si perché mentre io mi crogiolavo nel "sarebbe bello" lei aveva inviato link e nomi e ottenuto risposte.

Non so come farei senza di lei.

E dopo questa dichiarazione d'amore (^_^) ecco com'è finita la storia...
... pubblicata direi che è un termine azzeccato, sabato sul

calendario dell'avvento dei Piccolini Barilla.

Vi va di darle un'occhiata? Noi ne saremmo felicissime!

lunedì 19 settembre 2011

Kiki e la terra dei colori, 3^ parte


Nella scatola, insieme ai pastelli colorati Kiki trovò anche degli strani fogli, molto grandi e lisci. Nessuno nella città di Cemento  aveva mai visto fogli così, perché li si trovavano solo fogli a quadretti, per scrivere le formule matematiche.
Kiki era affascinata, li sfogliò ad uno ad uno, erano grandi, bianchi e tutti uguali,  poi arrivò all'ultimo e rimase senza fiato, era come vedere riflessi sulla carta i suoi sogni, su quella tavola bianca erano state disegnate linee e cerchi colorati. 
Ci passò sopra le dita assaporando la sensazione delle pieghe del colore, stava toccando i suoi sogni e i suoi desideri, ed era una sensazione bellissima.
Ora sapeva di non essere matta. Quello che sognava, le linee curve, i tratti e i colori erano li davanti a lei, non aveva mai visto un disegno e pensò che era veramente bellissimo.
In fondo alla scatola c'era una piccola crepa, quasi non la vide, ma un leggero bagliore attirò la sua attenzione, li nascosta quasi invisibile era annidiata una minuscola chiave dorata, Kiki la guardò con attenzionec'erano delle iscrizioni troppo piccole per essere lette, i denti erano mezzi consumati, e l'impugnatura presentava i segni delle tante dita che l'avevano stretta. Piena di curiosità, su quali serrature avrebbe potuto aprire grazie a quella chiave, se la legò al collo con una catenella. Quel piccolo e all'apparenza insignificante oggetto di metallo, irradiava un calore straordinario. Una forte sensazione di pace di impadronì di Kiki, che, come mai le era successo prima si sentì protetta e al sicuro.
Che fosse la chiave, o che fosse altro Kiki non lo sapeva, ma si trovò a vagare per le vie della Città senza una metà nè una direzione.
Erano ormai ora che girava per quelle vie conosciute, quando, esausta, si sedette su un cumulo di detriti in un angolo, vicino al muro della città. Mise pensierosa una mano sul muro, percorse con le dita alcune sue sporgenze. Era li da sempre, e le avevano sempre insegnato, serviva a difendere la città dagli attacchi dei mostri ce vivevano dall'altra parte.
Le avevano detto di non avventurarsi mai oltre quel muro, non si doveva neanche avvicinare, perché, le persone nere avrebbero fiutato il suo odore. Dentro la città di Cemento c'era la vita, oltre, non c'era niente.
Kiki si addormentò, sognò il disegno, colori e risate, sognò luci danzanti che ballavano davanti a lei.
Si svegliò in un secondo, come destata da cuna campanella che suonava dentro la sia testa, ma le luci erano ancora davanti a lei, si chiese se era ancora il sogno, ma erano li, che ballavano una silenziosa melodia.
Kiki non riusciva a capacitarsi di tutte le cose meravigliose che stava vedendo quel giorno,e solo perchè, per una volta, aveva seguito il suo istinto e non era andata a scuola come tutti i giorni. Le luci danzanti la sfioravano e si allontanavano. Avrebbe voluto toccarle, ma aveva paura che anche con un tocco leggero si sarebbero rissolte nell'aria come una bolla di sapone.
Poi come erano apparse ne andarono, arrivarono al muro e scomparirono, proprio nel punto che aveva sfiorato prima di addormentarsi.
Kiki ormai le aveva viste, avevano fatto quello che dovevano, e ora (le lucciole) erano tornate libere nel prato, al di fuori del muro che circondava la città di Cemento.
I sensi di Kiki erano così allertati che lei non si ricordava di essere mai stata così sveglia come in quel momento
Le risate e i colori che aveva sempre sognato, la strana scatola con i pastelli e i fogli bianchi, l'ultimo foglio, tutto colorato. E ora le luci danzanti, era tutto nuovo, ma nella sua testa, ogni cosa stava prendendo forma,e stava tornando al suo posto, e lei, per la prima volta da sempre, si sentiva viva.
Si avvicinò al muro. Le luci erano scomparse. Lo osservò a lungo era duro e massiccio . Ma alla fine lo vide. Un buco. La colossale fortezza che che racchiudeva la sua città presentava una minuscola breccia, e (le lucciole) le avevano mostrato come trovarla.
Provò a infilarci un dito ma non ci passava, non sapeva che fare,  il buco la attraeva davvero tanto, e le piccole luci che erano passate attraverso la attiravano ancora di più. Le avevano sempre insegnato che, dall'altra parte del muro, c'erano solo morte e desolazione, gli orrendi uomini neri, coperti di peli, sporchi e cattivissimi. Non c'era niente di bello, e il muro era li, come una muraglia difensiva, per impedire che morte e distruzione arrivassero dentro la loro città. Ma quelle Luci danzanti, erano poesia e colore, non potevano far parte di un mondo di mostri.

Si ricordò della scatola che aveva trovato sul ripiano in alto della libreria e dei bastoncini tutti diversi, sottili e lunghi (pastelli). Loro, erano così sottili che sicuramente sarebbero riusciti a passare attraverso quel minuscolo buchino.
Ne prese uno dalla scatola, giallo come le luci che aveva visto e come la palla luminosa che splendeva in certe giornate in alto nel cielo.
Le piaceva quel colore, anche se non sapeva cosa fosse un colore.
Il pastello giallo era della misura giusta, passava attraverso il buco, Kiki non se ne rese conto subito ma mentre il pastello passava, toccando il bordo del buco, lo allargava.
Poi il pastello le cadde dalle mani, era per terra dall'altra parte del muro, in quello che aveva sempre creduto, un mondo di mostri.

Dall'altra parte del muro.....
Dall'altra parte del muro, c'era tutto un mondo che, la città di Cemento non conosceva, o che non sapeva di conoscere.
Gli alberi erano verdi, c'erano frutti, fiori, insetti e animali, c'erano colori e sentimenti.
Tutte cose che, gli abitanti della città di Cemento conoscevano bene, prima di dimentiarsene.
C'era un villaggio di guerrieri che aveva le sue fondamenta proprio dietro al boschetto vicino al muro. Gli abitanti avevano un compito, controllare che, il muro, non crollasse mai, che quello che era imprigionato all'interno di quella infinita barriera, non uscisse mai a distruggere il mondo esterno.
Un tempo, gli abitanti del mondo esterno avevano creduto di poter salvare le persone imprigionate dentro il muro, ci avevano provato, avevano lottato e avuto perdite, e,con lamorte nel cuore, si erano arresi. All'interno del muro, non c'era traccia dell'umanità del loro ricco antico regno, quel muro imprigionava un orco terribile, che, se fosse mai uscito non avrebbe risparmiato la vita di nessuno. Avevano così celebrato un funerale per salutare, una volta per sempre i parenti e gli amici che si erano sacrificati per permettere loro di fuggire.
 
C'era Jona quel giorno di guardia alla cinta e aspettava. Tutti i giorni da molti anni, qualcuno vigilava fuori dalle mura, aspettavano, sperando di non dover mai dare inizio a una terribile guerra.
Jona non credeva che quel giorno fosse diverso, niente, non succedeva mai niente, così non si accorse subito di quel pastello colorato che era passato attraverso il muro, per poi cadere inerte per terra.
Stava per cambiare tutto grazie a quel pastello giallo che giaceva per terra sopra un ciuffetto di erba verde.
Ma ancora nessuno lo sapeva.


Continua...

giovedì 7 luglio 2011

Kiki e la terra dei colori, 2^ parte

Tutte le mattine Kiki doveva andare a scuola con gli altri ragazzi della città di Cemento.
A Kiki però andare a scuola non era mai piaciuto, non le interessavano le formule, i numeri, i calcoli e la geometria.
A Kiki interessava parlare di sogni e colori.
Aveva provato più di una volta a chiedere ai suoi compagni di scuola se anche loro sognavano, se vedevano i colori quando chiudevano gli occhi, ma i bambini non la ascoltavano, pensavano che le cose che diceva non erano importanti.
Aveva anche provato a chiedere alla sua mamma e al suo papà della sfera luminosa, quella che si vedeva a volte nel cielo, quella che, in giornate particolarmente limpide, magari quando il vento forte soffiava via le nuvole grigie che uscivano dalle fabbriche, si vedeva, alta e calda.
I suoi genitori non rispondevano mai alle sue domande, non era compito loro, nella città di Cemento, nessuno ascoltava mai le domande, perché tutte le risposte erano nei libri e nelle formule matematiche.
Kiki un giorno decise di non andare al scuola, era stufa di leggere numeri, di imparare formule e fare calcoli.
Nessuno ci fece caso, nessuno nella città di Cemento si preoccupa mai di quello che fanno gli altri, tutti pensano alle loro cose, tutti sono troppo impegnati per preoccuparsi per gli altri.

Una volta sola in casa, Kiki si ritrovò con un grande vuoto, se ne stava sdraiata sul letto a pensare, a chiedersi se i colori, le luci e le cose che sentiva fossero reali, si chiedeva se la grande palla luminosa del cielo esisteva davvero.
Decise così di provare a cercare nella grande libreria che c'era a casa sua.
Trovò libri con numeri, formule e calcoli e  una piantina della città, con segnate   le distanze e le altezze.
Trovò libri che dicevano quanto abitanti c'erano nella città di Cemento, e quanti anni avessero, trovò persino libri che parlavano di quante case c'erano, quante fabbriche e quante finestre.
C'erano libri dappertutto nella città di Cemento, tutto era catalogato per numero, grandezza e importanza.

Kiki però non trovò neanche un libro che parlava di colori, della sfera luminosa nel cielo e dei sogni.
Stava per rinunciare, forse avevano tutti ragione e le sue domande, quelle che affollavano la sua testa, non avevano senso.
Kiki era molto triste, finché sul ripiano più alto della libreria, dietro a libri che non venivano mai letti, nascosta sotto pile di fogli pieni di calcoli trovò una scatola.
Era piena di polvere che soffiò via, e, prima di aprirla, si  sedette su una sedia di fronte al tavolo.


Dentro la scatola c'erano degli strani bastoncini che non aveva mai visto, erano lunghi, sembrano penne, ma erano diversi.
Kiki ancora non lo sapeva, ma aveva trovato una scatola piena di pastelli colorati.



domenica 3 luglio 2011

cambio.....

Si era partiti con l'idea di una storia breve.
Le avventure di Kiki si sarebbero dovute esaurire nel giro di 2 o 3 episodi, ma poi mano a mano che pensavamo alla storia, ci siamo ritrovate con nuove idee nuovi spunti e nuove avventure, sta insomma diventando una storia un pochino più lunga e complessa di quello che ci aspettavamo all'inizio.
Per questo (e anche grazie al nostro correttore di bozze ufficiale :) Grazie Deborah) che abbiamo un pochino cambiato la prima parte, per renderla più chiara e leggibile.

Detto questo grazie davvero a tutti! Mi stupisco ancora a vedere in quanti siete ad aspettare il seguito!

giovedì 16 giugno 2011

Kiki e la terra dei colori


C'era una volta una città di cemento.
La gente che abitava nella città di cemento era sempre di corsa, non perdeva tempo a chiacchierare, non diceva mai "ciao" perché non c'era tempo.
Non ringraziava mai, perché ringraziare era una perdita di tempo.
I bambini della città di cemento non giocavano mai, non ridevano e non sognavano.
Le mamme e i papà della città di cemento avevano insegnato ai loro bambini che dovevano solo studiare.
Purché quello era utile. Guai ridere, giocare e sognare.
I bambini della città di Cemento erano tristi, ma non lo sapevano, perché loro non conoscevano l'allegria.
Si addormentavano la sera, senza ninna nanna e senza fiabe. 
A volte la loro mamma leggeva loro un capitolo di qualche libro di matematica.
Le mamme e i papà lavoravano tutto il giorno.
I bambini e i ragazzi studiavano tutto il giorno.
Non si fermavano neanche per mangiare, mangiare era una perdita di tempo. 
Bevevano solo una bibita insapore che però dava loro energia.
Non esistevano alberi nella città di cemento, né fiori e giardini, perché troppo ingombranti e inutili
Così i bambini non avevano mai mangiato frutta e verdura, non avevano mai visto i colori dei fiori e nemmeno le api e le farfalle.
Tutto nella città di Cemento era grigio e triste.





Tutto nella città di Cemento era grigio e triste.
Nessuno nella città di Cemento aveva mai visto il sole e il cielo, perché erano nascosti dietro ad alte mura e nuvoloni neri di smog.
In una casetta, nascosta tra altre case, vicino a una fabbrica che costruiva macchine e bulloni, viveva una bambina, di nome Kiki con la sua famiglia.
Kiki era diversa dagli altri bambini che pensavano fosse strana perché si incantava spesso e proprio non la capivano.
Invece Kiki si fermava a sognare, sognava colori che non aveva mai visto.
Sognava forme e profumi.
Ma lei non lo sapeva, e si sentiva sola.




Continua...

Testo: Goldberry - Disegni: Owl

Kiki, in omaggio a Hayao Miyazaki, che entrambe amiamo.

venerdì 10 giugno 2011

LLLLLOVIN

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Inziamo con i post di servizio visto che ancora ci dobbiamo assestare.

Se vi abbiamo stuzzicato un pochino la fantasia... stay tuned!